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Le società di estrazione aurifera restano in sella nonostante gli alti e bassi dell'oro

16 settembre 2021

 

La corsa sfrenata dell'oro ad agosto

L'oro ha chiuso il mese di agosto a 1813,62 dollari l'oncia, senza sostanziali variazioni rispetto alla quotazione di fine luglio di 1814,19 dollari l'oncia. Poiché la perdita mensile è stata di soli 57 centesimi (0,03%), si potrebbe pensare che il mese sia trascorso all'insegna della tranquillità; in realtà, invece, è stato un giro sulle montagne russe. La quotazione dell'oro ha registrato il primo forte ribasso ai primi di agosto, quando sono stati diffusi i dati sull'occupazione statunitense, superando ogni aspettativa. La notizia – positiva per il biglietto verde – ha rafforzato la teoria di una ripresa economica ancora solida negli Stati Uniti e di una manovra di inasprimento anticipata da parte della Federal Reserve (Fed) e ha spinto al ribasso i prezzi dell'oro che venerdì 6 agosto hanno chiuso a 1763,03 dollari.

Il lunedì successivo, all'apertura delle negoziazioni sui listini asiatici, intorno alle 07:00 ora locale (domenica, ore 19:00 a New York), il mercato dell'oro è stato sommerso da una valanga di ordini di vendita. Le vendite sono parse casuali visto che hanno ignorato il basso livello di liquidità disponibile in un giorno in cui i mercati di Giappone e Singapore erano chiusi per festività. Nel giro di qualche minuto l'oro ha perso 60 dollari, trattato addirittura a 1690,61 dollari l'oncia, violando livelli importanti di supporto tecnico e innescando, verosimilmente, ordini stop-loss che hanno ulteriormente aggravato l'andamento ribassista.

Il crollo lampo – il "flash crash" come lo ha definito la stampa – ha sicuramente messo in discussione la capacità del mercato di bloccare o prevenire ciò che avrebbe potuto essere interpretato come un attacco malevolo ai prezzi dell'oro o, forse, un grave errore di negoziazione. Sebbene dinamiche del genere possano essere molto dannose per il mercato dell'oro, l'incidente è stato presto dimenticato. Alla fine della stessa settimana, il prezzo dell'oro è tornato ai livelli che a nostro avviso rispecchiano gli attuali fondamentali.

Rimonta a 1800 dollari

Dopo il crollo lampo, l'oro è riuscito a risalire la china superando i 1800 dollari l'oncia, favorito da una serie di fattori quali le crescenti preoccupazioni per le ripercussioni che la variante Delta del COVID potrebbe avere sulla crescita, il livello più basso degli ultimi dieci anni raggiunto dall'indice sulla fiducia dei consumatori elaborato dall'Università del Michigan e, negli Stati Uniti, un andamento deludente delle vendite al dettaglio. Il 27 agosto, durante il suo discorso all'annuale simposio economico di Jackson Hole, il presidente della Fed Jerome Powell ha dichiarato che nel 2021 potrebbe essere opportuno ridurre i 120 miliardi di dollari di acquisti mensili di attivi, ma ha lasciato intendere di non avere alcuna fretta di decidere su eventuali rialzi dei tassi d'interesse.

Secondo Powell, la decisione di innalzare i tassi dovrà superare un "test molto più rigoroso". Questa affermazione è stata interpretata come un orientamento più accomodante del previsto, ha spinto al ribasso il dollaro e, con l'approssimarsi della fine della corsa durata un mese, ha portato l'oro a superare importanti livelli tecnici. L'oro è stato scambiato al di sopra delle medie mobili di 100 e 200 giorni – praticamente alle quotazioni di partenza – toccando i 1813,62 dollari l'oncia il 31 agosto.

Gli effetti perdurano sulle società estrattive

Sfortunatamente, gli alti e bassi di agosto hanno lasciato il segno su alcuni asset, in particolare sui titoli auriferi che non hanno recuperato a sufficienza dopo il forte calo del mese precedente. Nel mese, le azioni aurifere rappresentate dal NYSE Arca Gold Miners Index (GDMNTR)1 e dall'MVIS Global Junior Gold Miners Index (MVGDXJTR)2 hanno perso, rispettivamente, il 6,65% e il 5,82%. Sebbene i titoli auriferi delle small cap abbiano perlopiù sottoperformato il metallo da inizio anno, il divario si è notevolmente accentuato in agosto. Quest'anno, le società a maggiore capitalizzazione hanno sovraperformato l'oro fisico; tuttavia, la flessione subita dal metallo prezioso ai primi di agosto ha fatto perdere loro molto terreno che non sono riuscite a recuperare entro fine mese. Da inizio anno l'oro ha perso il 4,46%, mentre il GDMNTR è sceso del 9,16% e l'MVGDXJTR del 20,18%.

Anche l'inflazione del settore è un problema?

Durante la stagione degli utili del secondo trimestre, le società aurifere hanno sottolineato la presenza di pressioni inflazionistiche all'interno del settore. Com'è accaduto in altri comparti dell'economia, l'estrazione aurifera ha risentito delle interruzioni della catena di fornitura e delle carenze dal lato dell'offerta, ma anche dei rincari dei combustibili, dell'energia e delle materie prime e, in alcune regioni, dei maggiori costi del lavoro. Spesso si fa riferimento all'aumento dei prezzi dell'acciaio (utilizzato per l'edilizia, per i corpi macinanti e per le strutture di supporto sotterranee) quale importante fonte di inflazione da costi. Il lavoro rappresenta in media all'incirca il 40% dei costi operativi del settore – il maggiore centro di costo – e alcuni produttori in Australia, Canada e, più di recente, in Brasile hanno segnalato che le carenze di mano d'opera qualificata hanno fatto salire i costi del lavoro.

Le stime sull'inflazione da costi attesa – ove fornite – variano da società a società. Tuttavia, secondo una delle maggiori società mondiali di estrazione aurifera, i costi potrebbero salire del 3-5% e generare quest'anno effetti inflazionistici che li spingerebbero sull'estremo superiore dell'intervallo previsto dal management per il 2021. Anche per quanto riguarda la spesa in conto capitale a livello di progetto, il quadro sembra essere leggermente peggiorato. Poche società hanno segnalato la possibilità di aumenti percentuali a doppia cifra del capitale destinato ai progetti di crescita.

Combattere le pressioni sui costi

Anche se è evidente che il settore sta subendo pressioni inflazionistiche dal lato dei costi, non tutte le società avvertono queste tensioni e la maggior parte di esse sta attivamente sforzandosi di trovare modi per compensare questi rincari.

Tendenzialmente, le grandi imprese traggono vantaggio dal loro potere d'acquisto quando negoziano con fornitori ed erogatori di servizi, il che contribuisce a controbilanciare almeno in parte le pressioni che possono essere avvertite in misura più significativa dai produttori minori. Inoltre, spesso le imprese più grandi ordinano i materiali di cui hanno bisogno con un congruo anticipo o sottoscrivono contratti sul carburante (a fini di copertura) per ridurre l'impatto dei rincari sui loro costi operativi.

Nella conference call tenuta in occasione della pubblicazione degli utili del secondo trimestre, il CEO di una delle più grandi società ha segnalato che la sua attività non utilizzerà l'inflazione come scusa per giustificare i maggiori costi e che è specifico compito del management gestire i costi. Una dichiarazione estremamente importante, provenendo da una società che è leader di settore. Pur continuando a monitorare da vicino l'andamento dei costi, ci sentiamo incoraggiati non solo dal fatto che le maggiori spese operative sembrano contenute, ma anche dall'approccio proattivo che le società adottano per compensare le pressioni sui costi.

Un approccio settoriale ancora convergente e disciplinato

A nostro avviso negli ultimi anni le società aurifere hanno sempre dato prova di un approccio disciplinato di allocazione del capitale, mirato a realizzare un interessante ritorno sul capitale. Impegnato a mantenere solidi margini, il settore ha ribadito una costante attenzione alla riduzione dei costi basata sull'ottimizzazione e la maggiore efficienza delle attività operative.

Negli ultimi anni, i margini operativi delle società aurifere sono cresciuti in misura significativa. Non solo il prezzo dell'oro ha toccato massimi storici, ma le società aurifere hanno anche ridimensionato e controllato i costi, facendo salire i margini a livelli senza precedenti.

Le società estrattive aurifere riescono a controllare i costi, migliorando i margini operativi

Le società estrattive aurifere riescono a controllare i costi, migliorando i margini operativi

Fonte: Scotiabank. Dati aggiornati ad agosto 2021.

Ai prezzi correnti dell'oro, le società aurifere possono generare consistenti flussi di cassa disponibili. Sebbene i mercati siano preoccupati per i costi crescenti, siamo convinti che le società aurifere seguiteranno a operare in maniera disciplinata e a difendere i margini. Quanto agli aumenti della spesa in conto capitale, riteniamo che – sebbene siano preoccupanti – nella maggior parte dei casi sortiranno solo l'effetto di innalzare i tassi di rendimento minimo per questi progetti. La crescita della produzione resta un obiettivo fintanto che preserva o migliora i margini e si traduce in ritorni più elevati per gli azionisti.

Oggi, il settore dell'estrazione aurifera ha tutte le carte in regola sia per superare queste ciclicità, sostenere la redditività e dimostrare la sua attrattiva a coloro che desiderano ottenere esposizione all'oro, sia per diventare a giusto titolo un universo investibile all'interno del più ampio mercato azionario.

Oro: quali prospettive

Quando il prezzo dell'oro scende o si consolida, le azioni aurifere tendono a sottoperformare. Anche quando l'oro si muove al rialzo, nelle prime fasi del rally le azioni aurifere possono talvolta sottoperformare in attesa che i mercati digeriscano le nuove prospettive che si delineano per il metallo giallo. Qualcosa di simile è accaduto nel recente rimbalzo dei prezzi dell'oro. I ricavi e gli utili generati dalle società a fine agosto sono sostanzialmente invariati rispetto a un mese fa; tuttavia le azioni sono scambiate a prezzi notevolmente inferiori, creando opportunità di valore.

L'oro sta consolidando i suoi guadagni da quando, un anno fa, ha raggiunto il massimo storico di 2075 dollari l'oncia. Quest'anno, ha tentato un paio di volte di rompere la fase di consolidamento senza riuscirci e, ai primi di agosto, è sceso al di sotto di 1760 dollari, la soglia minima del trend rialzista. Dall'inizio del trend corrente, nel 2019, dopo aver sfiorato i minimi del suo intervallo di oscillazione l'oro ha sempre recuperato, attestandosi a un livello più alto.

Inutile dire che siamo rimasti delusi dall'incapacità del metallo giallo di resistere a questo livello critico di supporto e siamo di conseguenza convinti che, nell'immediato, l'oro potrebbe impiegare più tempo del previsto a consolidarsi intorno a un intervallo di 1800-1900 dollari l'oncia. Tuttavia, il lato positivo è la sua ripresa rapida dopo il "crollo lampo"; di conseguenza, la dimostrazione della sua costante resilienza dovrebbe contribuire a ripristinare una tendenza rialzista e consentirci di guardare a questo evento come a un insignificante contrattempo.

Nel più lungo termine, una volta completato il processo di consolidamento, ci saranno ancora tanti fattori di innesco di rischi estremi che potrebbero spingere l'oro a 2000 dollari l'oncia e oltre. Pensiamo che l'inflazione sia un problema di più lungo periodo, che perdurerà nel 2022. La crescita economica sarà a rischio quando i programmi massicci di spesa fiscale si saranno esauriti e la potenziale abolizione degli stimoli monetari rincarerà la dose. Infine, gli alti livelli di debito e le bolle speculative potrebbero non essere sostenibili, creando un clima di avversione al rischio che favorisce l'oro.

Tutte le ponderazioni societarie, settoriali e sub-settoriali sono aggiornate al 30 agosto 2021, salvo diversa indicazione.

1Il NYSE Arca Gold Miners Index (GDMNTR) è un indice ponderato per la capitalizzazione di mercato modificata che comprende società quotate in borsa operanti principalmente nel settore dell'estrazione dell'oro.

2L'MVIS Global Junior Gold Miners Index (MVGDXJTR) è un indice basato su regole ponderato per la capitalizzazione di mercato modificata e rettificata per il flottante che comprende un universo globale di società quotate in borsa a piccola e media capitalizzazione, che generano almeno il 50% dei propri ricavi dall'estrazione di oro e/o argento e possiedono beni immobili che una volta sviluppati hanno il potenziale di generare almeno il 50% dei ricavi dall'estrazione di oro o argento, ovvero investono principalmente in oro o argento.

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