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La visione della Fed tiene viva l'attenzione sull'oro

14 luglio 2021

 

Al ritmo della Fed

Il rally dell'oro si è interrotto bruscamente il 16 giugno dopo la dichiarazione rilasciata dal Federal Open Market Committee (FOMC) al margine della riunione mensile. Le proiezioni della Fed hanno indicato due aumenti dei tassi nel 2023, diversamente da quelle precedenti che ipotizzavano un primo rialzo nel 2024. Inoltre, il FOMC ha ammesso di aver cominciato a discutere sulla possibilità di ridurre gradualmente i propri acquisti di Treasury e titoli garantiti da ipoteca. Pur essendo modesti, questi cambiamenti hanno colto di sorpresa i mercati provocando forti oscillazioni nella maggior parte delle asset class.

Nella riunione di giugno del FOMC, la Fed ha anche rivisto al rialzo le aspettative di crescita del Pil per il 2021, portandole dal 6,5% al 7%, e le proiezioni dell'inflazione core di quest'anno (dal 2,2 al 3%), ma continua a ritenere che le recenti pressioni inflazionistiche siano transitorie. Questa prospettiva ha spinto il dollaro statunitense al di sopra della media mobile di 200 giorni e l'US Dollar Index (DXY)ha guadagnato quasi il 2% nei tre giorni successivi all'annuncio della Fed.

L'oro ha ceduto alla forza del dollaro perdendo, negli stessi tre giorni, il 5,1% e scambiando al di sotto di diversi livelli di supporto tecnico. Nella settimana dell'annuncio, anche le azioni, così come le materie prime, si sono mosse al ribasso. La reazione sul mercato dei Treasuryè stata eterogenea. Inizialmente i rendimenti di decennali e trentennali sono saliti, per poi invertire rapidamente rotta e finire la settimana al di sotto dei livelli precedenti l'annuncio del FOMC.

La Fed sembra essere riuscita a comunicare un leggero cambiamento dell'orientamento della politica monetaria per sostenere le sue previsioni di forte crescita economica e di inflazione sotto controllo. Solo una settimana dopo l'annuncio del FOMC, i mercati azionari hanno rimbalzato e a fine mese l'S&P 500 ha toccato massimi storici. Negli ultimi giorni di giugno il dollaro ha continuato a guadagnare terreno. L'oro ha recuperato parte delle perdite subite, ma è rimasto confinato nell'intervallo tra 1.750-1.800 dollari l'oncia, chiudendo il 30 giugno a 1.770,11 dollari, con una perdita mensile del 7,02% e del 6,76% su base annua.

Vi sono ancora speranze per le società di estrazione aurifera

Quest'anno, sulla scia dell'andamento dell'oro, anche le azioni aurifere hanno registrato una flessione e giugno ha prodotto risultati terribili: tutti i guadagni dei primi cinque mesi dell'anno sono andati in fumo. Tuttavia, le azioni delle large cap aurifere, misurate dall'NYSE Arca Gold Miners Index (GDMNTR)continuano a sovraperformare rispetto all'oro da inizio anno, con il GDMNTR in calo del 5,62% nel primo semestre. Tale dinamica è atipica in una fase di flessione dei corsi auriferi e può essere ascritta a una serie di fattori.

Uno di questi è che lo scorso anno i titoli delle società a maggiore capitalizzazione hanno leggermente sottoperformato, malgrado il metallo giallo avesse registrato un'annata fenomenale che avrebbe dovuto tradursi in una notevole sovraperformance delle azioni. È, quindi, possibile che i mercati stiano recuperando il ritardo.

Anche i fondamentali settoriali potrebbero essere un importante fattore propulsivo. Le società di estrazione aurifera, nel loro complesso, sono in ottima forma dal punto di vista operativo e finanziario, forse la migliore che abbiano mai esibito. Con le attuali quotazioni dell'oro, persino dopo la recente flessione, i margini di profitto sono molto solidi e le società generano ingenti flussi di cassa disponibili. L'eccesso di liquidità è utilizzato in maniera responsabile, per finanziare progetti a basso rischio che generano ritorni superiori e per remunerare gli azionisti sotto forma di dividendi e riacquisto di azioni proprie. Oggi, il settore estrattivo aurifero potrebbe attrarre un numero crescente di investitori, con le società che dimostrano di essere profittevoli e di restare interessanti per tutto il ciclo dei prezzi dell'oro.

Le società estrattive aurifere di minori dimensioni – che l'anno scorso hanno sovraperformato sia le omologhe a maggiore capitalizzazione sia l'oro – hanno conseguito risultati deludenti da inizio anno. L'MVIS Global Junior Gold Miners Index (MVGDXJTR)3ha chiuso il primo semestre 2021 in calo del 13,89%.

Le prospettive non sono affatto chiare

Riteniamo che i mercati abbiano adottato lo scenario di crescita della Fed senza i livelli indesiderati di inflazione nel lungo termine. Sebbene questa prospettiva sia negativa per l'oro in quanto porto sicuro o scudo contro l'inflazione, ci sono a nostro avviso molti motivi che ci inducono a considerarla con prudenza.

La Fed ha ammesso di riflettere su un programma di tapering e potrebbe iniziare ad aumentare lentamente i tassi tra due anni. Non ha fornito alcun dettaglio in merito alla struttura o ai tempi delle misure di inasprimento. Un eventuale tapering, inoltre, sarebbe attuato in maniera graduale, il che significa che fino a quando non sarà terminato, la liquidità continuerà a essere immessa nel sistema. Al momento, gli acquisti proseguono al ritmo straordinario di 120 miliardi di dollari al mese e i tassi restano prossimi allo zero, una situazione che dovrebbe acuire i timori che questo livello di stimolo monetario (e fiscale) senza precedenti possa innescare un ciclo inflazionistico. Se i membri del FOMC sono stati indotti a prevedere rialzi nel 2023 perché temono che l'inflazione salga, allora gli incrementi di 25 punti base tra due anni potrebbero essere troppo modesti e tardivi.

In altri termini, crediamo che le proiezioni della Fed e le indicazioni sul suo orientamento potrebbero essere più esaustive. Infatti, poiché stiamo vivendo una fase straordinaria di riapertura/normalizzazione delle economie, è estremamente difficile prevedere l'andamento futuro di tutte le variabili più importanti, sia nel breve termine sia quando gli effetti temporanei della pandemia si saranno esauriti. Il messaggio della Fed potrebbe cambiare repentinamente e in misura significativa. Per ora, il mercato ha scelto di ignorare queste incertezze e questi rischi.

Una cosa è certa: la forza del dollaro è penalizzante

Malgrado le deboli quotazioni di giugno, l'oro continua a essere scambiato all'interno di un trend rialzista di più lungo periodo. Storicamente, l'estremo inferiore di questo trend è circa 1.740 dollari l'oncia. Nel più breve termine, l'oro potrebbe impiegare un po' di tempo a consolidarsi ai livelli attuali, seguendo un modello sperimentato da agosto 2020 quando toccò il picco di 2.075 dollari l'oncia. Gli investitori focalizzeranno l'attenzione sulle prospettive della politica monetaria della Fed e le quotazioni dell'oro sconteranno ogni singola modifica alle percezioni dei mercati. Le variazioni dei tassi d'interesse e del dollaro USA dovrebbero continuare a incidere sulla direzione dell'oro. Ultimamente il dollaro statunitense sembra essere il fattore dominante in quanto variabile che maggiormente penalizza l'andamento dell'oro. Se il dollaro si indebolisse e gli attuali livelli di inflazione persistessero, il metallo giallo potrebbe sfiorare i 2.000 dollari per fine anno.

L'inflazione, però, potrebbe essere ancora sottovalutata

Storicamente, l'oro ha mostrato una maggiore correlazione con l'inflazione quando questa sale al di sopra del 3%. Inoltre, negli ultimi 45 anni le sorprese sul fronte dell'inflazione sono state fortemente e positivamente correlate all'oro, come illustra il grafico che segue.

Un andamento imprevisto dell'inflazione ha solitamente giocato a favore dell'oro

Correlazione con l'oro
Dati al 31 maggio 2021

Variabile Ultimi 20 anni Ultimi 45 anni
Inflazione complessiva 4% 13%
Inflazione core 7% 11%
inflazione salariale 3% -2%
Inflazione del settore dei servizi 6% 10%
Inflazione del settore alimentare -1% 6%
Petrolio ($/barile) 15% 16%
Bloomberg Commodity Index 42% 50%
Rame ($/lb) 26% 23%
Dollaro USA ponderato per gli scambi -42% -40%
Inflazione imprevista -11% 23%
Rendimenti reali USA a 10 anni -36% -25%
Rendimenti reali USA a 3 mesi -28% -18%

Fonte: Scotiabank, Bloomberg. Dati al 31 maggio 2021, basati su ritorni mensili salvo che per le variabili Dollaro USA ponderato per gli scambi, Rendimenti reali USA a 10 anni e Rendimenti reali USA a 3 mesi che sono state calcolate usando ritorni su base trimestrale. Inflazione imprevista: inflazione effettiva meno inflazione prevista, su base trimestrale. Inflazione complessiva = Indice dei prezzi al consumo per tutti i consumatori urbani; Inflazione core = Indice dei prezzi al consumo per tutti i consumatori urbani (al netto di generi alimentari ed energia); Inflazione salariale USA = salario medio orario negli USA: totale dipendenti di industrie private, addetti alla produzione e lavoratori senza funzioni direttive; Inflazione del settore dei servizi = indice dei prezzi al consumo per tutti i consumatori urbani: Servizi (al netto di Energia); Inflazione del settore alimentare = Indice dei prezzi al consumo per tutti i consumatori urbani: media dei prezzi di generi alimentari e bevande nelle città statunitensi; Inflazione da petrolio = petrolio greggio WTI (1generico contratto futures del mese); Dollaro USA ponderato per il commercio = U.S. Dollar Index (DXY); Inflazione imprevista = inflazione effettiva meno inflazione prevista; Rendimenti reali USA a 10 anni = rendimento del Treasury decennale corretto per l'inflazione (al netto della CPI); Rendimenti reali USA a 3 mesi = rendimento del Treasury a tre mesi corretto per l'inflazione (al netto della CPI).

Le aspettative di inflazione restano al di sopra della media degli ultimi vent'anni. A maggio, l'U.S. Personal Consumption Expenditure (PCE) Core Price Index4, l'indicatore di'nflazione preferito dalla Fed, è salito al 3,4% su base annua dal 3,1% di aprile, livelli che non si vedevano dagli anni Novanta. Le proiezioni della Fed indicano un'inflazione PCE al 3,0% nel 2021 che, tuttavia, scende al 2% nel più lungo termine. Continuiamo a ritenere che gli attuali livelli di inflazione potrebbero durare ben oltre le previsioni della Fed.

Di tanto in tanto rileviamo problemi di approvvigionamento e carenza di mano d'opera in molti settori, fattori che potrebbero segnalare ulteriori pressioni inflazionistiche in prospettiva. Le materie prime sono ai massimi pluriennali. Nel più lungo periodo, l'attuale ripresa della crescita globale, i migliaia di miliardi di dollari della spesa fiscale americana e la domanda crescente rivolta a molti metalli nell'ambito della transizione energetica globale dovrebbero sostenere le materie prime, contribuendo a innalzare le aspettative d'inflazione. Inoltre, il continuo stimolo monetario e le attese misure di espansione fiscale suffragano ulteriormente la tesi che l'inflazione "sia destinata a rimanere".

Tenetevi stretto l'oro

Un'inflazione più persistente e più elevata compenserebbe l'effetto di un eventuale aumento dei tassi, mantenendo quelli reali bassi o negativi. Sebbene il mercato possa spingere i tassi al rialzo, la Fed potrebbe non riuscire ad attuare manovre di inasprimento nel prossimo futuro, sia per timore delle ripercussioni negative che queste provocherebbero sui mercati sia per l'onere insostenibile del servizio del debito che comporterebbero. Il rischio di tassi reali più bassi, di una ripresa economica post-stimoli più lenta del previsto, di una maggiore inflazione, di un deprezzamento del dollaro, di livelli estremi d'indebitamento, di scoppio definitivo delle bolle dei prezzi degli asset e di altre conseguenze indesiderate innescate dall'enorme massa di liquidità immessa nel sistema finanziario, sono tutti fattori che potrebbero favorire un rialzo dei prezzi dell'oro nel lungo termine. Non è difficile immaginare un contesto in cui possa materializzarsi più di uno di questi rischi, aumentando notevolmente l'attrattiva dell'oro in quanto porto sicuro e strumento di diversificazione e di copertura del portafoglio.

Sono in molti a riconoscere il ruolo di assicurazione che l'oro svolge nell'ambito di un portafoglio. Quel che forse è meno noto è il suo profilo di volatilità (grafico seguente) che – elemento importante – è stato relativamente costante nelle fasi turbolente dei mercati durante la pandemia e negli ultimi dieci anni. Questo mette ancora più in evidenza il ruolo dell'oro come fattore di diversificazione e giustifica ancor di più la necessità di assegnargli il peso corretto all'interno di un portafoglio. Queste caratteristiche dell'oro hanno radici storiche e potrebbero consentire al metallo giallo di toccare nuovi massimi nel più lungo termine.

L'oro è stato un asset stabile per gran parte degli ultimi dieci anni

L'oro è stato un asset stabile per gran parte degli ultimi dieci anni

Fonte: World Gold Council, VanEck. Dati aggiornati al 30 giugno 2021. Obbligazioni globali = Bloomberg BarCap Global Aggregate Bond Index; Obbligazioni societarie = Bloomberg Barclays Global Aggregate – Corporates Index; High Yield = Bloomberg Barclays Global High Yield Index; Materie prime = Bloomberg Commodity Index - Total Return; Oro = Gold (NYMEX); Azioni USA = S&P 500 Index; Azioni globali = MSCI World ex USA Index; Nasdaq = Nasdaq Composite; REIT = FTSE Nareit Composite Total Return Index; Argento = Dow Jones Commodity Silver Total Return Index; Petrolio = Bloomberg Crude Oil - Total Return Index.

Salvo diversa indicazione, tutte le ponderazioni societarie, settoriali e sub-settoriali sono aggiornate al 30 giugno 2021.

Fonte dei dati: VanEck, MVIS.

1L'U.S. Dollar Index (DXY) misura il valore del dollaro statunitense rispetto a un paniere di valute estere, spesso indicato come il paniere delle valute dei partner commerciali degli Stati Uniti.

2Il NYSE Arca Gold Miners Index (GDMNTR) è un indice ponderato per la capitalizzazione di mercato modificata che comprende società quotate in borsa operanti principalmente nel settore dell'estrazione dell'oro.

3Il MVIS Global Junior Gold Miners Index (MVGDXJTR) è un indice basato su regole ponderato per la capitalizzazione di mercato modificata e rettificata per il flottante che comprende un universo globale di aziende quotate in borsa a piccola e media capitalizzazione, che generano almeno il 50% dei propri ricavi dall'estrazione di oro e/o argento e possiedono beni immobili che una volta sviluppati hanno il potenziale di generare almeno il 50% dei ricavi dall'estrazione di oro o argento, ovvero investono principalmente in oro o argento.

4Il Personal Consumption Expenditures (PCE) Core Price Index (l'indice dei prezzi delle spese per consumi personali) misura i prezzi che le persone che vivono negli Stati Uniti, o coloro che acquistano per loro conto, pagano per beni e servizi. Notoriamente, questo indice cattura l'inflazione (o la deflazione) di un'ampia gamma di spese per consumi e riflette le modifiche di comportamento dei consumatori.

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