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Incontri primaverili 2023 del FMI: Previsioni stagionali

04 maggio 2023

Tempo di lettura 8 MIN

 

In occasione degli incontri primaverili 2023 del FMI, i policy maker e gli intermediari finanziari hanno espresso molte aspettative, in particolare per quanto riguarda le prospettive di crescita e il problema dell'inflazione a livello globale.

  • Previsione del FMI. Il FMI prevede che il rallentamento della crescita e dell'inflazione a livello globale provocherà alla fine un ritorno ai tassi d'interesse dei mercati sviluppati a livelli tali da rendere sostenibile il debito sovrano. Qualsiasi altro scenario è impensabile.
  • Previsione per i mercati. I problemi bancari negli Stati Uniti e in Europa determinano un rallentamento della crescita del credito, ma per il resto sono contenuti; i mercati possono essere salvati convalidando i tagli del tasso d'interesse attualmente previsto. Purtroppo, i dati relativi alla crescita e all'inflazione non confermano questo scenario.
  • Previsione sul potere degli Stati Uniti rispetto alla Cina. La Cina rifiuta l'adesione al programma di ristrutturazione del debito del FMI, nonostante l'istituzione di nuovi forum, come il Common Framework e la Global Sovereign Debt Roundtable (GSDR), attuati con lo scopo di costringerla a farlo. Il peso economico e geopolitico della Cina è evidente e gli Stati Uniti non dispongono di un'efficace risposta strategica.
  • La speranza è riposta nei mercati emergenti. Gli investitori nel debito dei mercati emergenti hanno buone ragioni per essere ottimisti: si tratta di Paesi con tassi d'interesse reali elevati, inflazione in calo e prospettive di crescita solide, sostenute dalla riapertura della Cina e dai prezzi delle materie prime. Gli Stati Uniti potrebbero entrare in default con l'aumento dei prezzi dei titoli del debito pubblico, ma questo non rappresenta un problema per la maggior parte dei mercati emergenti che hanno un debito basso e deficit fiscali modesti.

I policy maker e gli intermediari finanziari hanno espresso molte speranze. Il World Economic Outlook del FMI di aprile delinea un quadro di inflazione globale con tassi ancora elevati nel 2023, pari al 7 %, che convergerà verso gli obiettivi di inflazione nella maggior parte dei Paesi solo nel 2025. Il processo di disinflazione è guidato da una politica monetaria restrittiva e da un alto tasso di disoccupazione, ma anche dal calo dei prezzi del petrolio. Queste tre ipotesi sono tutte previsioni. La politica monetaria nei mercati sviluppati è difficilmente restrittiva, con tassi reali ex-post negativi e tassi reali ex-ante appena positivi. Inoltre, la politica monetaria dei mercati sviluppati è stata di fatto neutralizzata dalle azioni straordinarie delle Banche centrali per proteggere sia i mercati sia l'economia reale da qualsiasi sofferenza. I mercati del lavoro rimangono estremamente rigidi, non solo per la forte domanda, ma anche per la carenza dell'offerta di lavoro. I prezzi del petrolio sono sostenuti da una forte domanda globale, favorita dal solido turismo cinese e dall'OPEC intenzionata in modo deciso a mantenere i mercati petroliferi sotto controllo.

I policy maker hanno buone ragioni per desiderare il rapido ritorno dell'inflazione al raggiungimento dell'obiettivo e auspicare che i tassi d'interesse scendano di nuovo ai livelli pre-COVID a causa di una condizione iniziale fondamentale: l'eccessivo peso del debito. Il FMI dedica il capitolo 2 del World Economic Outlook al tasso d'interesse reale naturale (il tasso d'interesse che non stimola né contrae l'economia e l'ipotesi di tasso reale alla base delle analisi di sostenibilità del debito del FMI). Il peso del debito nelle economie avanzate è insostenibile a tassi d'interesse reali più elevati e non c'è la volontà politica di effettuare i necessari aggiustamenti fiscali e strutturali. Dal momento che il FMI non può dire che i suoi principali azionisti siano insolventi, l'ipotesi di base è che i tassi d'interesse scendano a livelli tali da risolvere il problema. Qualsiasi altra conclusione rappresenterebbe un'inadempienza. Infatti, la necessità di capitali globali per finanziare gli investimenti nella transizione ecologica, unita all'invecchiamento della popolazione (che tende a consumare più che a risparmiare), farà probabilmente aumentare il costo globale del capitale per una generazione.

Si sperava che una crisi bancaria contenuta potesse rappresentare la soluzione alle preoccupazioni della Federal Reserve e degli investitori riguardo all'inflazione. Il fallimento della Silicon Valley Bank ha esposto ai consumatori statunitensi le principali incongruenze nella politica e nella regolamentazione delle Banche centrali, che hanno portato i depositanti ad abbandonare lentamente i depositi bancari a tasso zero in cambio di buoni del Tesoro statunitense con un rendimento superiore al 4 %. La "speranza" è che il calo dei finanziamenti nei confronti del settore bancario porti a una diminuzione dei prestiti e a una graduale contrazione della crescita economica. Eventuali fallimenti bancari lungo il percorso verso questo auspicabile atterraggio morbido saranno contenuti da misure politiche straordinarie da parte della Banca centrale. Il modesto rallentamento della crescita aiuterà l'inflazione a moderarsi e la Fed non avrà bisogno di stabilire ulteriori rialzi. In questa logica contorta, i fallimenti bancari portano alla regolazione dei mercati. Tuttavia, eliminando qualsiasi inconveniente dall'economia e dal mercato, la politica monetaria perde di efficacia, mentre il mercato del lavoro rimane rigido e l'inflazione problematica. La Fed dovrà effettuare ulteriori rialzi dei tassi per compensare, e il mercato non sta valutando questo aspetto.

È emersa l'evidente preoccupazione per l'imminente superamento del tetto del debito degli Stati Uniti e la ferma convinzione di poter trovare soluzioni all'ultimo momento. Il mercato si aspetta che i politici facciano la cosa giusta per l'economia trovando soluzioni all'ultimo momento, proprio come nel 2011. Il problema è che nell'anno precedente il presidente della Camera McCarthy ha fatto concessioni straordinarie per assicurarsi la sua posizione, compresa una disposizione che consente a qualsiasi membro di chiedere un voto di sfiducia. Diversi deputati dell'ala di estrema destra del GOP (Grand Old Party) voteranno per l'innalzamento del tetto del debito solo se il bilancio sarà in pareggio. Se McCarthy dovesse portare al voto una legge di compromesso per aumentare il tetto del debito, per alcuni dei suoi sostenitori potrebbe essere più utile la pubblicità proveniente dall'ipotesi di un default, piuttosto che "fare la cosa giusta" per l'economia. Il Tesoro degli Stati Uniti fornirà presto un aggiornamento relativo al momento in cui prevede di non disporre di sufficiente liquidità per far fronte a tutti gli obblighi e se tale data non verrà spostata oltre la metà di giugno grazie a entrate fiscali favorevoli, il mercato inizierà a preoccuparsi. Molti speaker ritengono che il rischio di default sia superiore al 10 %. Prima del default, il Tesoro americano dovrebbe disporre altri tagli delle spese e l'immediata contrazione fiscale spingerebbe l'economia in una profonda recessione. Le conseguenze sul mercato di un effettivo default sarebbero ancora più gravi, poiché molti investitori istituzionali non possono possedere debito insolvente e si scatenerebbe il panico.

È emerso in modo evidente un senso di frustrazione per la mancata volontà della Cina di ristrutturare il debito sovrano bilaterale. Si è trattato di un passo indietro di dieci anni per i Paesi debitori bloccati in una condizione d'incertezza a causa della Cina. I programmi del FMI non possono andare avanti senza un accordo con la Cina e gli investimenti del settore privato devono sapere in che modo sono trattati i capitali prima di procedere. Il quadro del Club di Parigi ha richiesto tempo per essere sviluppato e c'è la speranza che, man mano che l'Occidente comprenderà meglio le esigenze della Cina, si possano raggiungere accordi di riduzione del debito accettabili per tutti i creditori. La Cina è contraria ai tagli del valore nominale del capitale, ma un trattamento comparabile in termini di valore attuale netto con l'estensione delle scadenze rappresenta una possibile soluzione. Tuttavia, la Cina ha concesso molti dei suoi prestiti ai mercati emergenti per ottenere un'influenza geopolitica, in particolare per assicurarsi l'accesso a beni primari o a rotte commerciali fondamentali, e la ristrutturazione del suo debito ha arrestato la sua influenza. La ristrutturazione del debito dello Zambia, se e quando arriverà, mostrerà la strada da percorrere. Lo Zambia ha rappresentato l'allievo modello per il FMI, facendo ricadere l'onere di condonare il debito sulla Cina.

Si è parlato molto di disaccoppiamento del commercio degli Stati Uniti dalla Cina, ma con poche prove al riguardo. Ai fini della sicurezza nazionale, ha senso per gli Stati Uniti costruire catene di approvvigionamento che si basano sulla produzione nazionale o su quella di alleati stretti. Se la Cina dovesse invadere Taiwan, sarebbero a rischio i rifornimenti di importazioni fondamentali, come i prodotti farmaceutici e persino alcuni componenti degli aerei militari. Tuttavia, l'economia cinese è troppo grande da passare in secondo piano ed è profondamente costoso dismettere gli impianti di produzione esistenti. Anche quando si costruiscono nuovi impianti nei Paesi limitrofi, un'azienda cinese porta spesso un valore aggiunto. I dati commerciali più recenti hanno evidenziato che il surplus commerciale della Cina rispetto agli Stati Uniti ha raggiunto un nuovo record.

Dal punto di vista della Cina, ci sono inoltre considerazioni di sicurezza nazionale da fare riguardo ai suoi investimenti negli Stati Uniti. Questo aspetto non è stato sorprendentemente affrontato durante gli incontri del FMI. Il surplus commerciale record della Cina in dollari deve essere investito da qualche parte e l'unico mercato in cui chiaramente non viene investito è quello dei titoli di Stato statunitensi. La Cina ha assistito al congelamento da parte degli Stati Uniti dell'accesso della Russia al proprio debito denominato in dollari. Se la Cina è diretta verso uno scontro con gli Stati Uniti, si tratta di semplice gestione del rischio, diminuire la propria esposizione ai beni che gli Stati Uniti potrebbero sequestrare per primi.

Si auspicava l'uscita definitiva del Giappone dal controllo della curva dei rendimenti, ritenendo che ciò fosse positivo per i mercati. Per il 2023 si prevede una crescita giapponese dell'1,3 %, superiore alla crescita potenziale dello 0,5 %, con la probabile chiusura dell'output gap entro quest'anno. Il mercato del lavoro è rigido e con un'inflazione superiore al 3 %, la posizione estremamente accomodante della Banca del Giappone (BoJ) rischia di far salire ulteriormente l'inflazione. Il mercato si aspetta che quest'anno la Banca del Giappone (BoJ) abbandoni il controllo della curva dei rendimenti. Lo yen è a buon mercato e quando i tassi d'interesse sui titoli di Stato giapponesi (JGB) aumenteranno senza l'intervento della Banca del Giappone (BoJ), lo yen potrebbe notevolmente apprezzarsi. Tuttavia, il guadagno dello yen rappresenta una perdita per il mercato del credito in dollari statunitensi, dal momento che l'appetito degli investitori giapponesi per il credito statunitense dovrebbe diminuire sostanzialmente. La Cina e il Giappone sono i due maggiori detentori esteri di titoli di stato statunitensi; senza i loro acquisti, sarà necessario acquistare più titoli di stato statunitensi a livello nazionale e questo dovrebbe far aumentare il costo del capitale per il settore privato statunitense.

La guerra tra Ucraina e Russia, nonché i criteri ESG non sono stati sotto i riflettori. È opinione comune che la guerra si sarebbe trasformata in un conflitto congelato. Un certo scetticismo ha rallentato l'avvio della ricostruzione, mentre i bombardamenti erano ancora in corso. Gli incontri che riguardavano l'Ucraina hanno visto una minore partecipazione rispetto al passato, poiché l'attenzione degli investitori si è spostata.

Anche il tema ESG è stato meno discusso e, quando è stato affrontato, la conversazione è stata più equilibrata. Il resto del mondo si è lamentato del fatto che l'Inflation Reduction Act statunitense renda gli investimenti ecologici meno competitivi nel proprio Paese e che la legislazione non è coerente con le regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC).

Gli investitori hanno manifestato il proprio pessimismo a causa di specifici investimenti di cattivo credito e della sottoperformance. L'Egitto si è distinto per il peso esercitato in qualità di Paese preferito grazie al consenso degli investitori, che hanno registrato una performance negativa e ora la situazione è preoccupante. L'Egitto ha contratto un debito estero insostenibile durante il programma del FMI e non è stato in grado di ridurre in modo significativo il proprio fabbisogno di finanziamenti esterni. La valuta è sottoposta a forti pressioni di svalutazione, ma non ha un ancoraggio politico, poiché i tassi reali rimangono estremamente negativi e non c'è nessuno disposto a portare nuovi capitali onshore. Verso la fine dell'anno sono in arrivo scadenze importanti che potrebbero portare al default.

Oltre all'Egitto, hanno deluso anche molti Paesi dell'Africa subsahariana, insieme a Ecuador, Tunisia e Pakistan. Tuttavia, l'impatto sugli indici non è rilevante. La performance dell'asset class dei mercati emergenti in generale è stata straordinaria, con il GBI-EM in rialzo di oltre il 5,2 % e l'EMBIG dell'1,9 %. Data la solida performance, ci si aspetterebbe di conseguenza maggiore ottimismo dagli investitori. Tuttavia, la maggior parte di essi sta sottoperformando i propri benchmark, in quanto è sovra-allocata nell'alto rendimento, che ha sottoperformato, e sotto-allocata nel debito locale dei mercati emergenti, che ha sovraperformato. Le prospettive per il debito locale dei mercati emergenti sono molto positive, in quanto sono sottoinvestiti e per gli investitori di tali mercati rappresentano l'asset class più performante di quest'anno.

La maggior parte dell'America Latina ha effettuato rialzi tempestivi e sufficientemente elevati da portare l'inflazione su un sentiero in discesa, beneficiando al contempo del miglioramento delle ragioni di scambio dovuto ai prezzi elevati delle materie prime. In Messico, i tassi d'interesse reali elevati e la questione del nearshoring hanno attirato molti afflussi di capitali vaganti. Tuttavia, il peso messicano è costoso e gli investimenti diretti esteri (IDE) non sono stati all'altezza delle aspettative, rendendo la valuta vulnerabile a una flessione dell'economia statunitense. La Banca centrale cilena si è dimostrata più aggressiva rispetto alle aspettative del mercato in merito alla durata del mantenimento dei tassi e riguardo al momento in cui scioglierà il programma di intervento sui cambi, dato che i consumi interni rimangono eccessivamente forti. L'elevata crescita e gli alti deficit della Colombia sembrano appartenere al passato, grazie alla politica della Banca centrale e a una politica governativa responsabile che raffredda l'economia. Ci sono buone probabilità che il governo peruviano sopravviva fino al 2026, dato che la popolazione si è stancata di cambiare governo ogni anno, e questa è una buona notizia, dal momento che il Paese beneficia di prezzi del rame più alti e di una Banca centrale credibile. La Banca centrale brasiliana sa che i tassi d'interesse reali sono troppo alti, ma teme di cedere alle pressioni dell'amministrazione Lula per paura di sconvolgere le aspettative sull'inflazione. L'amministrazione Lula sta cercando di agire nel modo giusto per indurre la Banca centrale a tagliare i tassi senza incidere troppo sulla crescita. Tale rapporto è in via di definizione, ma il mercato si è abituato a questa oscillazione.

Le economie dell'Europa emergente sono state maggiormente colpite dallo shock dei prezzi dei carburanti derivante dalla guerra tra Russia e Ucraina e l'inflazione rimane eccessivamente alta. La mancanza di coerenza tra le politiche fiscali, monetarie e normative ungheresi potrebbe comportare un aumento dell'inflazione a lungo termine, mentre i tempi di erogazione dei fondi dell'Unione europea (UE) rimangono incerti. La stretta monetaria della Polonia ha iniziato ad avere un impatto sulla crescita, ma resta da vedere se sarà sufficiente a contenere l'inflazione. Il mercato del lavoro è strutturalmente rigido ed è probabile che il divario fiscale si allarghi ulteriormente in vista delle elezioni. La Romania si distingue per le sue ottime relazioni con l'UE, che aprono la strada a ingenti afflussi di capitale. La sfida principale consiste nell'affrontare le pressioni sui prezzi che vanno oltre l'effetto base/energia e derivano da una crescita del Pil più forte rispetto ad altri Paesi, da una politica fiscale prociclica e da salari reali elevati.

A differenza dell'Europa, la maggior parte dei Paesi mediorientali ha un'inflazione modesta e rapporti esteri solidi grazie agli elevati prezzi delle materie prime. Le previsioni fondamentali degli Emirati Arabi Uniti rimangono molto solide, sostenute dagli alti prezzi del petrolio, e le autorità stanno sfruttando questa opportunità per attuare le riforme strutturali per diversificare l'economia nel medio termine, implementare la transizione ecologica e il resto dell'ambizioso programma di riforme per il futuro post idrocarburi. Gli Emirati Arabi Uniti stanno giocando bene la carta della frammentazione geopolitica, anche attraverso partnership con Cina e India. Il Qatar è riuscito a evitare la maledizione del Paese che ospita la Coppa del Mondo, con una crescita costante e sostenuta, un ampio avanzo fiscale e delle partite correnti, nonché un debito in calo.  

Sebbene l'Africa benefici anche dei forti prezzi delle materie prime, gli eccessivi oneri del debito e la mancanza di finanziamenti accessibili rendono le prospettive più difficili. Il mercato attende il cambiamento in Nigeria, dove il nuovo governo ha promesso di aumentare l'imposta sul valore aggiunto dal 5 % all'8 % e di eliminare i sussidi per il carburante. Tuttavia, non ci sono soluzioni facili in risposta al tasso di cambio sopravvalutato e non è ancora stato nominato un nuovo governatore della Banca centrale. Le autorità mozambicane stanno lavorando duramente per mantenere il programma del FMI in linea con le previsioni, e finora ci sono riuscite, ma i rischi per la sicurezza non sono banali, anzi difficili da prevedere. La recente decisione dell'OPEC+ di ridurre la produzione di petrolio è una buona notizia per l'Angola, anche se le prospettive a lungo termine per il settore non sono molto ottimistiche. Le operazioni di gestione delle responsabilità del governo hanno attenuato le preoccupazioni a breve termine per il debito del Paese. La performance relativamente buona della Costa d'Avorio nel 2022 ha comportato un aumento del deficit "gemello" (fiscale e delle partite correnti) e le riserve internazionali potrebbero essere diminuite più del previsto. Un significativo anticipo del consolidamento fiscale rappresenterebbe un enorme miglioramento (sia a breve termine sia a livello strutturale), dal momento che le autorità hanno in programma la revisione del Consiglio di amministrazione del FMI a maggio. Il Marocco continua a essere caratterizzato da una macrostoria solida, con un buon programma di riforme, e potrebbe presto unirsi ad altri Paesi per ottenere il nuovissimo strumento Resilience and Sustainability Trust (RST) del FMI.

L'Asia emergente beneficia di una Cina in forte crescita grazie alla ripresa dei consumi a forma di "V", guidata dal post-COVID. La Thailandia è il Paese che beneficia maggiormente dell'aumento del turismo cinese, ma anche altre economie nazionali hanno visto aumentare la propria crescita. La bilancia dei pagamenti dell'Indonesia è estremamente solida, grazie al boom delle esportazioni di carbone e nichel verso la Cina, nonché all'aumento degli IDE e degli afflussi di portafoglio. La Banca centrale sta apprezzando la forza del dollaro e l'assenza di pressioni inflazionistiche, anche se c'è il rischio di inflazione alimentare se El Nino avrà un impatto negativo sui raccolti di riso. Le Filippine sono l'unica economia dell'ASEAN che rimane surriscaldata e la Banca centrale non è ancora intervenuta con sufficiente forza. La crescita del 2022, pari al 7,6 %, ha superato le aspettative e per il 2023 si prevede una crescita vicina al 6,5 %. L'inflazione di gennaio si è attestata all'1 %, pari a un tasso annualizzato del 12 %, anche se la Banca centrale prevede un rallentamento dell'inflazione al 6 % per l'intero anno.

INFORMAZIONI IMPORTANTI

Fonte: FMI.

Il Fondo monetario internazionale (FMI) è un'organizzazione internazionale con sede negli Stati Uniti. È formato da 190 Paesi e si occupa prevalentemente di commercio internazionale, stabilità finanziaria e crescita economica.

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